domenica 7 ottobre 2012

occupy ferrara

Il debito è la maniera più efficace di trasformare le vittime in colpevoli, è un metodo di controllo ideologico e per cambiare bisogna iniziare a non pagarlo”. E’ la teoria del debito di David Graeber, antropologo e attivista, tra i fondatori del movimento Occupy Wall Street e coniatore del motto “siamo il 99%”, ospite del Festival di Internazionale in un seguitissimo dibattito tenutosi in Piazza Municipale.
La visione del debito secondo Graeber non è economica ma politica e sociale, affine con gli studi antropologici: un’arma ideologica, come quella del lavoro cui è correlata, che incastra la maggioranza in un dovere, in un senso di colpa che la rende mansueta. Esiste da prima della moneta come spiegato nel suo libro “Debito: i primi 5000 anni” le cui tracce si trovano “nei testi di tutte le più grandi religioni del mondo”, come l’Induismo ad esempio dove la vita stessa è concepita come debito nei confronti delle divinità. Il debito sarebbe dunque solo una “promessa formale” non dissimile da altre ma che ha acquisito nella storia un’importanza tale da giustificare in qualche modo l’uso della violenza e la morte di migliaia di persone. Promessa formale di cui, nelle stratificazioni storiche, si è perso il reale significato, diventata strumento di controllo ideologico da cui è possibile liberarsi solo introducendo a propria volta il concetto di debito.
Un vulnus sociale che mina anche le fondamenta della democrazia che per Graeber si dovrebbe esplicare in realtà in forme assai diverse da quelle cui siamo abituati. E’ una visione esplicitamente anarchica la sua, senza gerarchie, senza burocrazia coercitiva e con processi decisionali totalmente orizzontali come quelli da lui osservati in Madagascar, dove alle assemblee decisionali si partecipa fin dall’infanzia. Proprio qui starebbe il punto per rivoluzionare il nostro sistema: “creare una democrazia della cultura”, senza relegare a pochi dotti conoscenze particolari, per arrivare a una nuova cultura della democrazia in modo da poter creare un sistema di consenso non centralizzato e non dipendente dalla maggioranza.
L’obiettivo di Occupy Wall Street e di altri movimenti simili è dunque quello di generare un radicale cambiamento, culturale innanzitutto, politico-sociale poi. A chi, fra il pubblico del Festival di Internazionale, gli fa notare come il suo movimento collabori attivamente e si avvalga della cooperazione con strutture fortemente gerarchiche e organizzate, Graeber risponde che la questione è effettivamente un problema affrontato facendo dialogare due processi decisionali diversi, da una parte un’assemblea, dall’altra il sindacato, che però è stato “contagiato” e sta iniziando a sperimentare a sua volta metodi di democrazia orizzontali.
E il debito? La soluzione proposta dall’antropologo americano è quella di una disobbedienza civile: non pagarlo, “guardando i numeri, 50-70 milioni di americani lo stanno già facendo”.
tratto da estense.com

1 commento:

  1. Molto interessante, una bella utopia. Mi dispiace di non essere potuta andare al Festival di Internazionale, dev'essere stato proprio bello.

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