giovedì 18 ottobre 2012

l'utopia ed il suo episteme sono tra noi

colgo l'occasione, in questi miei giorni di riflessione politica, per rispondere a silvia in merito ad occupy wall street ed inserire un nuovo post.
la prima volta che mi imbattei in tommaso moro rimasi colpito dalla sua opera utopia. chi mi stimolo fu il mio professore, franco todescan, di storia delle dottrine politiche. primo anno a scienze politiche relazioni internazionali.
chi invece mi parlo per la prima volta usando il termine episteme fu un altro mitico professore di storia delle istituzioni politiche: diego panizza. abbino queste due scuole di pensiero accademiche diametralmente opposte e le unisco saccentemente per esprimere un mio personale pensiero in merito a tutto quello che "non si vuole" far avverare o avvenire.
il termine utopia deriva dal greco (non luogo), quindi significherebbe «luogo inesistente» o «luogo perfetto». come avevo letto tempo fa da maria luisa berneri le utopie non hanno sempre descritto società irreggimentate, stati centralizzati e nazioni di robot. se facciamo riferimento agli scritti come  taithi di diderot ci vengono presentate utopie in cui gli uomini erano liberi da costrizioni fisiche e morali, in cui essi lavoravano non per necessità o per un senso di dovere ma perché trovavano il lavoro un'attività piacevole, in cui l'amore non conosceva leggi ed in cui ogni uomo era un artista. ecco perche le utopie sono state spesso progetti di società che funzionavano meccanicamente, strutture morte da economisti, politicanti e moralisti; ma esse sono anche stati i sogni viventi di poeti. dice la berneri.
putroppo noi siamo stati accecati da quello che ci circonda, con coercizione attraverso il denaro+debito, a piegarci al volere di chi ci ha guidato fin qui nel nostro percorso di evoluzione sociale. trascurando tutto quanto e' opposto a questa concezione strutturale.
dovrei stendere qui un mio tipico turpiloquio pubblico ma non ho tempo (costretto da qualcuno che mi rende schiavo). quindi mi faccio aiutare dalle mie fonti di vita custodite nel mio pantheon: silvano agosti.
prova a condividere queste poche righe, 25 pagine, del libro e pochi minuti di un video intervista per la rai.
io in questi due link ho trovato un serio, ragionato, rivoluzionante percorso di riorganizzazione del sociale nella kirghisia immaginata da silvano agosti.
http://minimomax.files.wordpress.com/2011/09/lettere-dalla-kirghisia.pdf

fammi sapere che ne pensi. ma spero sopratutto che dopo queste mie riflessioni il rispetto per il termine utopia ed il suo episteme diventi pantagruelicamente piu sano!
peccato per la distanza apparente che divide SFO da MXP (un nulla di utopico rispetto a quella che ci separa dalla stella eta carine) altrimenti sai che chiaccherate su queste tematiche tra me te ed il buon vecchio fabrizio... non demordere torneremo negli states e verremo a trovarti!

1 commento:

  1. "Il denaro è utile come sono utili le fogne, però non per questo creiamo una cultura delle fogne". Quest'uomo è meraviglioso, grazie, ti confesso che non lo conoscevo.
    Secondo me non resta che ricavarsi delle nicchie, consapevoli di quello che si vuole e che non si vuole. Nessuno può costringerci a fare quello che non vogliamo, e semmai qualcuno ci riuscisse, almeno non potrà mai cambiare quello che siamo.

    RispondiElimina