lunedì 8 settembre 2014

michio kaku "il futuro della mente"

durante la cerimonia di apertura del campionato del mondo di calcio appena conclusosi in brasile, un giovane paraplegico ha dato un calcio a un pallone in un simbolico calcio di inizio della manifestazione. l’evento è passato inosservato all’attenzione dei media, anche a causa di una gestione discutibile da parte degli organizzatori. ma per i neuroscienziati e per altre persone che hanno una limitata o inesistente motilità agli arti a causa di danni neurologici il debole tiro del ragazzo brasiliano è stato un potentissimo passo in avanti verso un futuro in cui il movimento delle protesi potrebbe essere gestito con la forza del pensiero. la dimostrazione allo stadio itaquerao di são paulo del brasile è stata possibile grazie a una complessa tecnologia che ha permesso di leggere le onde cerebrali del ragazzo con una modalità non invasiva e di codificare quelle onde in modo che l’esoscheletro indossato dal giovane potesse agire di conseguenza, sfruttando un sistema di feedback di elevata sensibilità. non era fantascienza, si trattava della realtà. era un primo anticipo di dispositivi basati sulle neuroscienze oggi in fase di sviluppo e per molti semplicemente impensabili. uno sguardo approfondito e rigoroso a questo domani strabiliante lo potete trovare in "il futuro della mente", in libro di michio kaku. probabilmente, avverte l’autore, i lettori meno giovani non assisteranno ai traguardi descritti nel volume. fare previsioni in campo tecnologico è sempre un azzardo. per esempio non ci sono le macchine volanti e le colonie umane su marte immaginate negli anni cinquanta, tuttavia è indubbio che in sessant’anni la conquista dello spazio e la tecnologia automobilistica abbiano fatto progressi notevoli. lo stesso vale per le tecnologie della mente. il loro futuro nasce oggi, perché, afferma kaku, siamo nell’età dell’oro delle neuroscienze, siamo testimoni di un nuovo panorama scientifico che rimodellerà il destino dell’umanità.
negli ultimi vent’anni gli scienziati che studiano il cervello hanno sviluppato tecniche di indagine sempre più potenti e paragonabili per impatto al telescopio con cui galileo abbatté un edificio millenario di saperi. le neuroscienze di un passato lontano, ma non troppo, che progredivano unicamente con lo studio di persone colpite da danni cerebrali sono quasi un ricordo. e allora perché dobbiamo essere pazienti? la risposta è nel cervello, anzi è il cervello: l’oggetto più complesso del sistema solare, composto da 100 miliardi di neuroni per un chilogrammo e mezzo di peso, in grado di immagazzinare una quantità di informazione che non ha eguali nella nostra galassia.
conoscere in dettaglio struttura e funzionamento di questa meraviglia della natura per poi sviluppare tecnologie non è facile. il gioco però vale la candela, anche secondo i governi di diversi paesi che nella crescita delle neuroscienze vedono un formidabile volano per la crescita economica, e quindi hanno finanziato negli stati uniti e nell’unione europea progetti miliardari indipendenti ma con un obiettivo comune: decifrare l’intricato circuito neurale del cervello. il futuro, racconta kaku, potrebbe riservare tecnologie di telecinesi, per esempio, o la possibilità di registrare i sogni e inviarli per posta elettronica, o ancora l’impianto e la cancellazione di memorie, cure definitive per malattie neurologiche, l’esplorazione spaziale a distanza in tempo reale, con robot diretti da «astronauti» sulla terra. il rovescio della medaglia saranno implicazioni etiche profonde, visto che si andrebbe a toccare la fonte della coscienza umana. saremo pronti? ai posteri l’ardua sentenza.

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