si forma all’accademia delle belle arti, alla scuola libera del nudo di passeggiata di ripetta a roma. a metà degli anni ’80 crea l’infrazionismo artistico.
sceglie degli spazi espositivi, pubblici e non, ufficiali o improvvisati, vi si introduce clandestinamente installando e posizionando le proprie opere. Sono donazioni forzate che l’artista fa in musei, gallerie e spazi aperti, opere donate ai luoghi e ai suoi abitanti.
è un artista che “interviene” nei luoghi in cui vive e ha vissuto, non solo a roma (oltre via ripetta, al pincio, al pantheon, al colosseo e a galleria sciarra tra gli altri), ma anche in sicilia, molise e marche, e in europa (francia, belgio, olanda e irlanda). lo fa interagendo con gli spazi e i materiali che ogni posto sa offrire, entrambi, insieme ad altri fattori esterni, diventano spunti artistici.
da sempre, nella sua carriera, il luogo, il contesto, l’arredo urbano, una pianta, un oggetto abbandonato, un cartellone pubblicitario, una pozzanghera, un determinato odore, dell’erbaccia, diventano parte o opera in sé. un artista urbano che ha scelto lo scenario urbano come oggetto della sua ricerca. la sua arte è quindi anche improvvisazione, come quando di suo pugno crea e dona ai visitatori del suo museo il biglietto-disegno simbolo della loro presenza e ”co-opera-azione” (come lui stesso la chiama). fonte d’ispirazione e materia prima sono molto spesso i rifiuti; la “robaccia” (anche nome di un’opera) viene rifunzionalizzata in termini di contemplazione estetica e talvolta sociale con richiami a comportamenti, stili, atteggiamenti, vezzi, condotte della vita umana, anche attraverso un modo di comunicare diretto e occasionalmente ironico. l’altra sua originalità sta nei titoli che spesso assegna alle sue opere, per lui sono il primo elemento dell’opera stessa, talvolta ambigui, ma sempre portatori di riflessioni.
nel corso dei suoi 70 anni delle chiaie è quasi sempre rimasto fuori dall’arte ufficiale ma ha saputo farsi conoscere e, spesso, fatto parlare di sé. critici ed esperti (come bonito oliva, hoet, christov-bakargiev) e artisti come burri hanno visionato e apprezzato le sue opere, invitandolo ad esposizioni internazionali.
nel giugno 2010 “l’arte ufficiale” si ricorda nuovamente di lui. l’electa gli dedica una monografia dal titolo “l’arte? rubbish!”, curata da giuseppe casetti e federico centoni. al suo interno anche uno scritto del critico d’arte achille bonito oliva, intervenuto poi anche in sede di presentazione del volume. tutto ha avuto luogo, non a caso, all’interno del complesso dell’ara pacis.
da sempre, nella sua carriera, il luogo, il contesto, l’arredo urbano, una pianta, un oggetto abbandonato, un cartellone pubblicitario, una pozzanghera, un determinato odore, dell’erbaccia, diventano parte o opera in sé. un artista urbano che ha scelto lo scenario urbano come oggetto della sua ricerca. la sua arte è quindi anche improvvisazione, come quando di suo pugno crea e dona ai visitatori del suo museo il biglietto-disegno simbolo della loro presenza e ”co-opera-azione” (come lui stesso la chiama). fonte d’ispirazione e materia prima sono molto spesso i rifiuti; la “robaccia” (anche nome di un’opera) viene rifunzionalizzata in termini di contemplazione estetica e talvolta sociale con richiami a comportamenti, stili, atteggiamenti, vezzi, condotte della vita umana, anche attraverso un modo di comunicare diretto e occasionalmente ironico. l’altra sua originalità sta nei titoli che spesso assegna alle sue opere, per lui sono il primo elemento dell’opera stessa, talvolta ambigui, ma sempre portatori di riflessioni.
nel corso dei suoi 70 anni delle chiaie è quasi sempre rimasto fuori dall’arte ufficiale ma ha saputo farsi conoscere e, spesso, fatto parlare di sé. critici ed esperti (come bonito oliva, hoet, christov-bakargiev) e artisti come burri hanno visionato e apprezzato le sue opere, invitandolo ad esposizioni internazionali.
nel giugno 2010 “l’arte ufficiale” si ricorda nuovamente di lui. l’electa gli dedica una monografia dal titolo “l’arte? rubbish!”, curata da giuseppe casetti e federico centoni. al suo interno anche uno scritto del critico d’arte achille bonito oliva, intervenuto poi anche in sede di presentazione del volume. tutto ha avuto luogo, non a caso, all’interno del complesso dell’ara pacis.
Nessun commento:
Posta un commento