soggetività: nell'ara pacis di roma capitale, pienamente d'accordo, solo artisticamente, con vittorio sgarbi ("una pompa di benzina texana nel cuore di uno dei centri storici più importanti del mondo") salgado dopo aver viaggiato dal 2004 al 2012 per il mondo alla ricerca di luoghi e popolazioni “originali” ha fatto fermare il tempo, immortalando l'attimo che lo ha colpito nella sua intimità per duecento volte. lo vuole condividere attraverso un hdr in bianco e nero (l'assenza di colore e la somma di tutti i colori) che da un senso di unicità al tema da lui presentato attraverso questo fondo fotografico. l’obiettivo (putroppo non specificato in nessuna fotografia) si ferma sulle foreste tropicali dell’amazzonia, i deserti africani, i ghiacciai dell’antartide. guarda da lontano e da vicino gli indigeni yanomami e i cayapó del brasile; i pigmei e i boscimani del deserto del kalahari. immortala file di pinguini, zebre, elefanti della savana in totale armonia con gli elementi della natura. provando a documentare il disastro che l’uomo può provocare all’uomo se non regola e gestisce il progresso. salgado dice; “l’ho chiamato genesi perché, per quanto possibile, desidero tornare alle origini del pianeta: all’aria, all’acqua e al fuoco da cui è scaturita la vita... nonostante tutti i danni già causati all’ambiente, in queste zone si può ancora trovare un mondo di purezza, perfino d’innocenza”.
ammirando gli scatti si prende coscienza di un altro mondo, antico e perduto quasi definitivamente.
allo stesso tempo ci si accorge della vicinanza e comunanza tra specie viventi su questo pianeta. la similitudine all'essere umano di oranghi e iguane non deve spiazzare ma rendere consapevoli, come diceva carl sagan, della nostra responsabilità di occuparci più gentilmente l'uno dell'altro. non tra umani. ma tra animali.
" all that a family has is minimum, there I discovered the sense of essential, to survive and to survive well, to be happy ".
RispondiEliminaE' una grande lezione di vita, oltre che di fotografia...