mercoledì 31 ottobre 2012

assolto! senza se e senza ma!

"sono una persona per bene". nichi sei una persona per bene!

giovedì 18 ottobre 2012

l'utopia ed il suo episteme sono tra noi

colgo l'occasione, in questi miei giorni di riflessione politica, per rispondere a silvia in merito ad occupy wall street ed inserire un nuovo post.
la prima volta che mi imbattei in tommaso moro rimasi colpito dalla sua opera utopia. chi mi stimolo fu il mio professore, franco todescan, di storia delle dottrine politiche. primo anno a scienze politiche relazioni internazionali.
chi invece mi parlo per la prima volta usando il termine episteme fu un altro mitico professore di storia delle istituzioni politiche: diego panizza. abbino queste due scuole di pensiero accademiche diametralmente opposte e le unisco saccentemente per esprimere un mio personale pensiero in merito a tutto quello che "non si vuole" far avverare o avvenire.
il termine utopia deriva dal greco (non luogo), quindi significherebbe «luogo inesistente» o «luogo perfetto». come avevo letto tempo fa da maria luisa berneri le utopie non hanno sempre descritto società irreggimentate, stati centralizzati e nazioni di robot. se facciamo riferimento agli scritti come  taithi di diderot ci vengono presentate utopie in cui gli uomini erano liberi da costrizioni fisiche e morali, in cui essi lavoravano non per necessità o per un senso di dovere ma perché trovavano il lavoro un'attività piacevole, in cui l'amore non conosceva leggi ed in cui ogni uomo era un artista. ecco perche le utopie sono state spesso progetti di società che funzionavano meccanicamente, strutture morte da economisti, politicanti e moralisti; ma esse sono anche stati i sogni viventi di poeti. dice la berneri.
putroppo noi siamo stati accecati da quello che ci circonda, con coercizione attraverso il denaro+debito, a piegarci al volere di chi ci ha guidato fin qui nel nostro percorso di evoluzione sociale. trascurando tutto quanto e' opposto a questa concezione strutturale.
dovrei stendere qui un mio tipico turpiloquio pubblico ma non ho tempo (costretto da qualcuno che mi rende schiavo). quindi mi faccio aiutare dalle mie fonti di vita custodite nel mio pantheon: silvano agosti.
prova a condividere queste poche righe, 25 pagine, del libro e pochi minuti di un video intervista per la rai.
io in questi due link ho trovato un serio, ragionato, rivoluzionante percorso di riorganizzazione del sociale nella kirghisia immaginata da silvano agosti.
http://minimomax.files.wordpress.com/2011/09/lettere-dalla-kirghisia.pdf

fammi sapere che ne pensi. ma spero sopratutto che dopo queste mie riflessioni il rispetto per il termine utopia ed il suo episteme diventi pantagruelicamente piu sano!
peccato per la distanza apparente che divide SFO da MXP (un nulla di utopico rispetto a quella che ci separa dalla stella eta carine) altrimenti sai che chiaccherate su queste tematiche tra me te ed il buon vecchio fabrizio... non demordere torneremo negli states e verremo a trovarti!

martedì 9 ottobre 2012

l'italia d'oro di bertoli

E torneranno a parlarci di lacrime dei risultati della povertà, delle tangenti e dei boss tutti liberi, di un’altra bomba scoppiata in città. Spero soltanto di stare tra gli uomini, che l’ignoranza non la spunterà, che smetteremo di essere complici, che cambieremo chi deciderà”
grazie pierangelo

domenica 7 ottobre 2012

occupy ferrara

Il debito è la maniera più efficace di trasformare le vittime in colpevoli, è un metodo di controllo ideologico e per cambiare bisogna iniziare a non pagarlo”. E’ la teoria del debito di David Graeber, antropologo e attivista, tra i fondatori del movimento Occupy Wall Street e coniatore del motto “siamo il 99%”, ospite del Festival di Internazionale in un seguitissimo dibattito tenutosi in Piazza Municipale.
La visione del debito secondo Graeber non è economica ma politica e sociale, affine con gli studi antropologici: un’arma ideologica, come quella del lavoro cui è correlata, che incastra la maggioranza in un dovere, in un senso di colpa che la rende mansueta. Esiste da prima della moneta come spiegato nel suo libro “Debito: i primi 5000 anni” le cui tracce si trovano “nei testi di tutte le più grandi religioni del mondo”, come l’Induismo ad esempio dove la vita stessa è concepita come debito nei confronti delle divinità. Il debito sarebbe dunque solo una “promessa formale” non dissimile da altre ma che ha acquisito nella storia un’importanza tale da giustificare in qualche modo l’uso della violenza e la morte di migliaia di persone. Promessa formale di cui, nelle stratificazioni storiche, si è perso il reale significato, diventata strumento di controllo ideologico da cui è possibile liberarsi solo introducendo a propria volta il concetto di debito.
Un vulnus sociale che mina anche le fondamenta della democrazia che per Graeber si dovrebbe esplicare in realtà in forme assai diverse da quelle cui siamo abituati. E’ una visione esplicitamente anarchica la sua, senza gerarchie, senza burocrazia coercitiva e con processi decisionali totalmente orizzontali come quelli da lui osservati in Madagascar, dove alle assemblee decisionali si partecipa fin dall’infanzia. Proprio qui starebbe il punto per rivoluzionare il nostro sistema: “creare una democrazia della cultura”, senza relegare a pochi dotti conoscenze particolari, per arrivare a una nuova cultura della democrazia in modo da poter creare un sistema di consenso non centralizzato e non dipendente dalla maggioranza.
L’obiettivo di Occupy Wall Street e di altri movimenti simili è dunque quello di generare un radicale cambiamento, culturale innanzitutto, politico-sociale poi. A chi, fra il pubblico del Festival di Internazionale, gli fa notare come il suo movimento collabori attivamente e si avvalga della cooperazione con strutture fortemente gerarchiche e organizzate, Graeber risponde che la questione è effettivamente un problema affrontato facendo dialogare due processi decisionali diversi, da una parte un’assemblea, dall’altra il sindacato, che però è stato “contagiato” e sta iniziando a sperimentare a sua volta metodi di democrazia orizzontali.
E il debito? La soluzione proposta dall’antropologo americano è quella di una disobbedienza civile: non pagarlo, “guardando i numeri, 50-70 milioni di americani lo stanno già facendo”.
tratto da estense.com

martedì 2 ottobre 2012

6 ottobre ferrara: ci sarò!

20.00 PIAZZA MUNICIPALE
La rivoluzione che viene
David Graeber
antropologo e attivista statunitense
introduce
Giuliano Milani, Internazionale
In italiano e inglese con traduzione consecutiva

lunedì 1 ottobre 2012

godspeed hobsbawm

il secolo breve risalta nella mia esime libreria (donatomi dal cognato bergamasco anni or ora) si distingue perche bello grosso. pieno di sostanza. materiale vero per far vibrare le sinapsi. ad ogni modo uno dei passaggi più pregnanti che resta vivo tra i miei neuroni è questo: "Gli stili della gioventù americana si diffusero direttamente o attraverso l'amplificazione dei loro segnali mediante la cultura inglese, che faceva da raccordo tra America ed Europa, per una specie di osmosi spontanea. La cultura giovanile americana si diffuse attraverso i dischi e le cassette, il cui più importante strumento promozionale, allora come prima e dopo, fu la vecchia radio. Si diffuse attraverso la distribuzione mondiale delle immagini; attraverso i contatti personali del turismo giovanile internazionale che portava in giro per il mondo gruppi ancora piccoli, ma sempre più folti e influenti, di ragazzi e ragazze in blue jeans; si diffuse attraverso la rete mondiale delle università, la cui capacità di rapida comunicazione internazionale divenne evidente negli anni '60. Infine si diffuse attraverso il potere condizionante della moda nella società dei consumi, una moda che raggiungeva le masse e che veniva amplificata dalla spinta a uniformarsi propria dei gruppi giovanili. Era sorta una cultura giovanile mondiale."